L'omnicanalità è una vera galassia di touch point. Per ottimizzarli è necessario segmentare, per conoscere comportamenti e preferenze degli individui.

L’omnicanalità è una vera e propria galassia di touch point. Per ottimizzarli è necessario conoscere comportamenti e preferenze di ciascun individuo. Ecco perché è fondamentale riconciliare tutte le informazioni che il Marketing ha a disposizione sul proprio target.

Che i clienti, a maggior ragione nel mondo del fashion, non siano tutti uguali è risaputo. Ma attenzione: non è affatto un assunto da dare per scontato, bensì una consapevolezza acquisita faticosamente dal Marketing in anni di evoluzione di strategie e approcci al mercato, soprattutto di segmentazione del target. Eppure, nonostante siamo tutti d’accordo nel dirlo, molti ancora non riescono a tradurre in pratica questo concetto.

È chiaro: il fashion retail è dovuto scendere a molti compromessi per raggiungere una sostenibilità economica nei modelli di business; un servizio tailor made, nei confronti di ciascun consumatore, è stato per decenni semplicemente impensabile.

Ora che però le tecnologie digitali permettono da una parte di personalizzare l’interazione con gli individui su tutti i canali e dall’altra di ottimizzare la catena logistica per dare vita a offerte in real time (o quasi), sfruttando stagionalità e trend che arrivano direttamente dalle passerelle, l’impensabile è diventato fattibile. E, di conseguenza, necessario, se si vuole sempre essere un passo avanti rispetto alla concorrenza e mantenere il vantaggio competitivo.

Dalla relazione al Customer Journey: comprendere le esigenze dei clienti per soddisfarle

La segmentazione è dunque più che mai importante.

Definire le caratteristiche dei clienti già acquisiti, ma anche quelle dei visitatori anonimi (del sito Internet come dello store fisico), rappresenta infatti la premessa per la costruzione di una relazione duratura che possa gradualmente diventare la cornice di una serie di Customer Journey efficaci.

Conoscere le persone significa comprenderne le esigenze, provare a soddisfarle quando e dove occorre davvero vuol dire conquistarsi la loro fedeltà. Dunque sì alla segmentazione, ma con una precisione: se fino a qualche anno fa si faceva affidamento sui cluster costruiti in base a parametri socio-economici e demografici, oggi la segmentazione esprime la massima efficacia nel momento in cui descrive interessi e soprattutto comportamenti. Meglio ancora se contestualizzati.

Questo introduce un elemento di grande complessità nello svolgimento delle analisi e nella formulazione di ipotesi dei diversi profili. E implica un lavoro costante di aggiornamento dei metodi di raccolta delle informazioni, della loro classificazione e soprattutto dei database.

Come far confluire i dati dai diversi touch point attivati? POS, carte fedeltà, visite sul sito Internet, acquisti tramite app, operazioni promozionali e partnership con altri brand: l’omnicanalità è una vera galassia di punti d’accesso all’offerta e ogni consumatore vi si avvicina a modo suo.

Conoscere il cliente permette di massimizzare il valore di ciascun touch point

Unificare la visione che si ha sul cliente, a prescindere dal modo in cui si avvicina a un touch point, vuol dire per l’appunto segmentare il mercato in base ai comportamenti, con l’obiettivo poi di riconciliare profili univoci che aiutino il Marketing a indirizzare con sempre maggiore precisione l’offerta, anche al variare di altri parametri.

Il Customer Journey di una stessa persona cambia radicalmente a seconda che l’individuo sia spinto verso il brand perché in cerca di novità o allettato dai saldi; è fondamentale riuscire a prevedere, di volta in volta, il tipo di approccio valutando il modo in cui si sono svolte le interazioni passate.

Chief Marketing Officer e Sales Director, oggi, possono farlo attingendo alle risorse delle piattaforme analitiche che convogliano i dati generati dai touch point nei CRM, incrociando e integrando le informazioni per dare vita a segmenti e profili accurati. Automatizzando il sistema, diventa possibile creare un meccanismo di alert e notifiche con cui, in un’ottica di Unified Commerce, la piattaforma è in grado di riconoscere quando comincia un Customer Journey peculiare e di indirizzarlo in base al profilo dell’utente.

Un modo completamente nuovo di gestire la macchina del Marketing, che demanda all’intelligenza artificiale il compito di seguire i clienti lungo i vari canali, lasciando alle risorse umane il ruolo più creativo e delicato: quello di costruire una relazione di fiducia.

Unified Commerce. Non è semplice accorciare le distanze tra fisico e digitale. Scopri come conquistare i tuoi clienti con un'esperienza d'acquisto personalizzata e intuitiva.

Retail e Unified Commerce: come costruire la nuova esperienza d’acquisto integrando tutti i canali

Si scrive Customer Journey, ma si legge soddisfazione del cliente. Sarà forse qui superfluo ricordare che un cliente soddisfatto è un cliente che ritorna e che la fidelizzazione è il primo obiettivo di qualsiasi retailer desideroso di massimizzare valore e vantaggio competitivo. Meglio però rimarcare il fatto che per soddisfare un cliente dobbiamo essere esattamente là dove vuole – o dove ha bisogno – che siamo.

Che si tratti di trovare informazioni su un prodotto o un servizio, oppure di confrontare i prezzi migliori o ancora di acquistare ciò che cerca nel posto e nel momento giusto, tutto converge intorno a questa primaria esigenza dell’individuo. Un’esigenza ben chiara ai colossi dell’e-commerce, che riescono a sfruttare le enormi quantità di dati estratti dalle interazioni con ciascuno dei consumatori e che grazie a strategie di marketing personalizzato riescono sempre più a disintermediare i negozi tradizionali.

Il retail forse non potrà competere sui grandi numeri, ma può senz’altro farlo, vincendo, sulla qualità del servizio e sulla conoscenza approfondita delle abitudini e delle preferenze dei propri clienti. Ed è qui che diventa davvero fondamentale l’espressione Customer Journey.

Solo gestendo in maniera unificata tutte le fonti di dati che descrivono il comportamento dei consumatori si può dare vita a una Customer Journey realmente appagante. Ecco perché abbattere le barriere tra fisico e digitale è indispensabile per vincere la sfida della soddisfazione del cliente.

Entrare nella dimensione dello Unified Commerce

Seguire il consumatore lungo tutto il percorso di avvicinamento all’acquisto vuol dire offrirgli l’opportunità di perfezionarlo come, quando e dove preferisce, ma anche allo stesso tempo acquisire i dati che ne descrivono il comportamento sui vari canali.

L’obiettivo è studiare poi i dati attraverso piattaforme di Big Data analytics per estrarne informazioni di valore e costruire un’esperienza d’acquisto semplice e intuitiva, ma soprattutto contestualizzata e personalizzata, a prescindere dal touch point scelto dall’utente. Per arrivare a questo risultato è essenziale integrare tutti i canali di vendita, omogeneizzando le modalità di autenticazione, navigazione e pagamento in modo da identificare i clienti attraverso profili univoci, la cui accuratezza sia valida in negozio come nelle campagne promozionali avviate online o sulla mobile app. Si può a questo punto parlare di Unified Commerce, una dimensione che ingloba quella del classico e-commerce abbattendo le barriere tra fisico e digitale.

Un passo necessario oggi, se per l’appunto si vuole rimanere sempre a fianco del cliente, ma indispensabile in prospettiva, visto che nel giro di pochi anni lo scenario tecnologico applicato al retail diventerà ancora più sofisticato, con la diffusione sistematica di soluzioni di realtà virtuale e aumentata oltre che di bot alimentati da piattaforme di intelligenza artificiale.

Un’evoluzione a tutto tondo imprescindibile per affrontare (anche) il domani

Sia ben chiaro: non si tratta di preparare il terreno al domani che verrà. Già oggi innovazioni del genere sono state introdotte dai retailer più lungimiranti e disposti alla sperimentazione e stanno ottenendo diversi riscontri, in termini di brand awareness, di aumento di visite, sia nei negozi sia sulla parte on line e quindi di conversioni. Il loro successo non poggia tanto sulla capacità di stupire il pubblico offrendo un’esperienza suggestiva, quanto proprio sul lavoro pregresso di unificazione e integrazione dei canali di vendita e soprattutto delle fonti di dati.

A una trasformazione che riguarda essenzialmente il front-end e tutti i sistemi informativi che mettono in comunicazione i vari elementi della filiera, deve in ogni caso corrispondere anche un’evoluzione della catena logistica.

La supply chain ha bisogno di evolversi secondo la logica del just in time, svincolandosi dai meccanismi tradizionali di gestione del magazzino e migrando verso modelli più flessibili di fornitura, sulla scia di quanto appreso attraverso l’esplosione dell’e-commerce.

Una transizione non semplice, siamo d’accordo. In questo senso, l’apporto di partner specializzati nello sviluppo e nell’implementazione di soluzioni digitali ad hoc è fondamentale. Non solo per identificare sul mercato tra le tecnologie consolidate quelle migliori per affrontare il cambiamento, ma anche – là dove possibile – per anticiparlo, adottando tecnologie di frontiera e guadagnando vantaggio competitivo sulla concorrenza. Basti pensare alla possibilità di automatizzare, rendendoli trasparenti e immediati, i processi approvativi dell’intera filiera. Una prerogativa della Blockchain, che per molti operatori è ancora sinonimo di futuro. Ma che non può non essere presa in considerazione da tutti coloro che vogliono innovare e dare vita oggi a un vero Unified Commerce.

Quanto conta avere il giusto time to market nel retail? Scopri come ottenere vantaggio competitivo integrando i processi con i comportamenti dei consumatori

Che cos’è il time to market se non la misurazione del tempo e della qualità delle risposte che l’azienda dà alle esigenze espresse dal mercato? Visto in questi termini – ovvero non come una segmentazione di procedure e attività, ma come un unico parametro, migliorando il quale l’impresa riesce a guadagnare vantaggio competitivo – anche nel mondo retail il time to market può essere diminuito attraverso l’ottimizzazione di tutti i processi in un unico flusso. Perché è governando quel flusso, conoscendo a fondo come si sviluppano le attività in tutta la filiera ed integrandone gli stakeholder, che si abbattono i costi e si accrescono performance di business e soddisfazione dei clienti.

Permettere a tutte le piattaforme di dialogare con ciascun anello della catena

Belle parole, ma all’atto pratico cosa bisogna fare? Occorre prima di tutto installare dei connettori che mettano in comunicazione con i sistemi aziendali ciascun anello della catena, dal fornitore al cliente passando per tutti gli elementi intermedi disposti in parallelo sui diversi canali di vendita. Che si tratti di corner shop o negozi multimarca, o ancora di un’insegna vera e propria o di e-commerce, ogni punto di contatto con i clienti deve avere la facoltà di dialogare con la filiera in maniera continua e trasparente.

Questa necessità si unisce all’esigenza di soddisfare il cliente che si aspetta un’esperienza d’acquisto coerente e omogenea, a prescindere dal luogo – fisico o virtuale – in cui trova il prodotto. Solo se queste due istanze convergono, il time to market risulterà fluido.

Sono tipicamente l’ERP (Enterprise Resource Management), il CRM (Customer Relationship Management) e la BI (Business Intelligence) le piattaforme di base su cui vanno connessi tutti gli attori della filiera. Ciascuno al suo sistema, naturalmente, ma creando delle interconnessioni tra i database e le applicazioni in modo da consentire la condivisione e lo scambio dei dati utili a descrivere i vari processi e, in ultima istanza, con una visione d’insieme, il flusso del time to market. A questi sistemi tradizionali poi vengono in aiuto nuove tecnologie con l’Intelligenza Artificiale e l’IoT (Internet of Things), che consentono ancora meglio di ottimizzare la gestione delle informazioni ed automatizzare i processi di base più semplici e ripetitivi.

Individuare cause ed effetti per agire tempestivamente sulla filiera

Conoscere in tempo reale come si sta comportando, per esempio, la catena logistica per l’approvvigionamento dei prodotti o delle materie prime è indispensabile se si vogliono pianificare campagne di instant marketing capaci non solo di assecondare i trend di un determinato mercato, ma anche di rispondere con tempestività a bisogni espressi dai clienti in un dato momento e in un dato luogo. Quest’input, che può arrivare dall’analisi delle conversazioni e dei comportamenti su web e social network o anche direttamente dal negozio fisico, attraverso dati di vendita che evidenziano fenomeni da tenere d’occhio, trova riscontro nell’effettiva disponibilità di magazzino o nelle previsioni – accurate – sulla capacità della supply chain di rispettare le consegne.

Ma questa è semplicemente ordinaria amministrazione. Agire sul piano strategico vuol dire fare un passo in più: nel momento in cui raccoglie ed elabora i dati provenienti da tutte le fonti, il sistema di Business Intelligence è infatti in grado di individuare colli di bottiglia, potenziali criticità e soprattutto opportunità per velocizzare l’intera filiera, riconducendo cause ed effetti che a “occhio nudo” sarebbero impossibili da collegare. È sempre grazie all’integrazione dei processi con l’evoluzione del mercato e con i comportamenti dei consumatori che diventa possibile dare vita a simulazioni digitali, sia per mettere alla prova ipotesi di correzione della catena logistica o di procedure obsolete, sia specialmente per verificare l’impatto e la sostenibilità di nuovi modelli di business. Ancora una volta mettendo insieme causa ed effetto ogni volta che si decide di modificare un parametro. Insomma, un modo completamente nuovo di considerare, gestire e indirizzare il flusso del time to market.